http://saporiedissaporifood.blogspot.it/search/label/foodhttp://saporiedissaporifood.blogspot.it/search/label/Travel
FB: https://www.facebook.com/pages/Sapori-e-Dissapori-Food/297835387088715?fref=tsBloglovin: https://www.bloglovin.com/people/saporidissapori-14499715saporiedissaporifood@gmail.comhttps://instagram.com/sapori_dissapori/https://twitter.com/saporiedishttps://www.pinterest.com/saporidissapori/https://steller.co/saporidissapori

22 ottobre 2016

Coniglio in umido




Una grandissima preparazione della cucina italiana, il coniglio in umido: l'abbiamo cucinato a 4 mani io e Lidia del blog The Spicy Note e ne abbiamo parlato per il Calendario del Cibo Associazione Italiana Foodblogger.


La preparazione della carne di coniglio fa parte della tradizione italiana, ma sulle tavole dei nostri giorni non è una presenza che si trova regolarmente, a favore di altre carni bianche più comuni come pollo e tacchino. Questo è un peccato, perché è molto magra e povera di colesterolo e sodio oltre che digeribile e leggera: ricca di potassio, ferro e calcio, è ottima nell’alimentazione dei bambini.

Originario dell’Africa, il coniglio venne successivamente introdotto in Francia e in Italia. Il nome (dal latino cuniculus) fu coniato da Catullo che si ispirò all’abilità dell’animale nello scavare tane fatte da grotte e cunicoli. Inoltre è da sempre considerato il simbolo della fecondità: una coniglia femmina può dare alla luce fino a 90 cuccioli all’anno ed anche per questo motivo, sotto l’Impero Romano, questo animale assunse un’importanza notevole e cominciò così ad essere allevato a fini alimentari.

Gli allevamenti si rivelarono estremamente produttivi e poco costosi: a differenza dei polli, i conigli non avevano un’alimentazione competitiva con quella dell’uomo e si accontentavano dell’erba, pure quella meno pregiata. In cambio, erano molto prolifici, assicurando nidiate numerose ogni due mesi, contro la covata annuale delle galline.



Il coniglio si distingue in due diverse varietà: quello domestico, definito “coniglio da carne”, che comprende diverse razze con carni magre e sode, e quello selvatico, molto più piccolo, che spesso non raggiunge il chilogrammo di peso. Il coniglio selvatico è diffuso in Francia, Spagna, nei paesi dell’Europa centrale e nelle isole mediterranee. In Australia è stato introdotto con (troppo) successo e oggi tende a infestare l’ambiente. Dal punto di vista culinario le carni del coniglio selvatico sono da considerare “nere”, per cui valgono tutte le indicazioni e le raccomandazioni della lepre. Per quanto riguarda i tagli, essi non differiscono da quelli del coniglio domestico.
La lepre, invece, si distingue dal coniglio selvatico per aver orecchie molto sviluppate e zampe posteriori molto più lunghe delle anteriori e perché vive solitaria (massimo in coppia) in terreno aperto. La caccia e la coltivazione dei terreni ha reso le lepri più rare e per tale ragione vengono importate dai paesi dell’Europa dell’Est, dall’Argentina o allevate.

Il momento migliore per acquistare e consumare il coniglio è l’inverno: infatti, in questa stagione, i conigli sono nell’età ottimale, né troppo giovani, né troppo vecchi.
Generalmente si trova in vendita intero o a pezzi in macelleria. La parte anteriore (il dorso e le spalle) è la meno carnosa; lungo il costato infatti non c’è molta polpa e per tale motivo queste parti sono adatte ad essere cotte in umido. La seconda metà, posteriore, è composta dall’ultima parte del dorso e dalle cosce: si presta alle cotture arrosto, così come la sella e la lombata.
La lombata è la parte più pregiata e polposa e, se disossata, è ottima anche farcita.
Prima di cucinare il coniglio è necessario frollare la sua carne in un luogo fresco e asciutto per almeno tre giorni. Successivamente dev’essere lavato con cura, eliminando eventuali peli residui.
Se il sapore del coniglio viene ritenuto un po’ “selvatico” è anche possibile, prima della cottura, marinare le carni in acqua e aceto bianco, per toglierne il caratteristico odore e ammorbidirlo.



Nella specifica preparazione del Coniglio in umido, non vi sono tracce nei ricettari antichi, ma più che una ricetta non è difficile immaginare che questa modalità di cottura sia nata piuttosto come una necessità: nei primi periodi in cui l’animale veniva allevato, erano d’uso frollature velocissime e, di conseguenza, cotture lentissime, in pentole di coccio.
Un’altra importante motivazione per la cottura dello stesso in umido è perché, se cotto al forno, le sue carni magre rischierebbero di diventare troppo secche. È necessario insaporirle con spezie e aromi, visto il suo sapore delicato e tagliarlo a pezzi regolari, così che sia avvolto bene dagli aromi e ne benefici.
Per questa pietanza in umido è previsto l’uso di ogni parte dell’animale. La cottura prolungata e delicata, grazie alla presenza della componente liquida, permetterà di ottenere una carne soda ma morbida e succosa; avviene su fuoco molto moderato, che permette alla salsa di pomodoro di sobbollire e di cuocere con delicatezza la carne. Per evitare che la salsa asciughi troppo, ci aiutiamo con del brodo vegetale, un sapore che non invade e che lascia spazio ai profumi di erbe mediterranee.

Variazioni del Coniglio in umido classico sono soprattutto di carattere regionale:
  • il coniglio in fricassea, che viene ricoperto con una salsa a base di uova;
  • il coniglio all’ischitana, dove la carne incontra il pomodoro fresco e le note aromatiche del basilico;
  • il coniglio alla ligure, che prevede l’utilizzo di olive locali ad insaporire e ad aiutare a limitare quel sapore un po’ selvatico caratteristico;
  • il coniglio alla cacciatora, per il quale esistono più versioni, che differiscono l’una dall’altra per pochi ingredienti.
CONIGLIO IN UMIDO



Ingredienti per 6 persone:

1 coniglio tagliato a pezzi
500 ml di brodo vegetale (sedano, carote, cipolle)
½ bicchiere di olio extra vergine di oliva
½ bicchiere di vino bianco
1 rametto di rosmarino
1 spicchio di aglio
2 foglie di alloro
la buccia di mezzo limone non trattato
sale e pepe q.b.
500 ml di passata di pomodoro

Procedimento
Tagliare il coniglio a piccoli pezzi.
Mettere i pezzi in una ciotola e aggiungere l’ olio, il vino e un trito di rosmarino, aglio, buccia di limone, sale e pepe. Lasciare macerare per una notte intera in frigo.
Togliere dal frigo 2 ore prima di iniziare la cottura.
In una pentola di coccio versare il liquido della marinata e i pezzi di coniglio, facendoli rosolare fino a quando il vino non sfumerà.
Unire poi la passata, l’alloro e 300 ml di brodo, portare ad ebollizione e lasciare cuocere per almeno 2 ore (dipenderà dalla grossezza dei pezzi del coniglio) a fuoco molto lento, aggiungendo ancora del brodo caldo se il coniglio si dovesse asciugare troppo.
Nelle tavole venete, si serve con della polenta gialla tenuta morbida.

1 commento:

  1. E' una carne che mi piace molto! Davvero anche lo noi lo cucinano poco spesso, invece sarebbe da preferire ad altre carni.

    Fabio

    RispondiElimina